venerdì 16 luglio 2021

La Bella Stagione

 Questo libro è ovviamente imperdibile per ogni sampdoriano degno di questo nome, giovane o vecchio che sia. Rivivere la stagione '90/'91, la più bella in assoluto della storia della Samp, attraverso gli aneddoti raccontati da chi ha fatto parte di quel gruppo, Vialli e Mancini in primis ma anche tutti gli altro, ci fa assaporare un calcio che ormai non esiste più. Si potrebbe definire forse più ingenuo di oggi, quale giocatore forte o scarso che sia firmerebbe ormai un contratto in bianco, ma sicuramente con dei valori forti ed autentici. Se parlate a qualunque sampdoriano di quella squadra vi dirà, non senza una punta di malcelato orgoglio, che non solo è stata una delle più forti in assoluto ma che era una anomalia nel calcio italiano ed internazionale che in quegli anni iniziava ad indirizzarsi verso i calcio multimiliardario di oggi. Questa diversità era dovuta al fatto non solo delle poche risorse economiche, poche se paragonate alle squadre di vertice come milan, inter o juve, ma soprattutto dal forte attaccamento alla maglia di tutti i giocatori di quella rosa. E quando dico tutti intendo proprio tutti sia chi andava regolarmente in campo come Vialli, Mancini, Lombardo, Dossena sia chi nella sua carriera ha visto il campo se va bene per due partite Nuciari ad esempio. Ora io non so se questo sia vero o meno, se questo senso di appartenenza era solo "nostro" o se anche in altre squadre dell'epoca era così, so con certezza che il merito di aver saputo creare questo gruppo, cementificarlo e fargli raggiungere dei risultati insperabile è stato di sole due persone, Paolo Mantovani, il Presidente e Vujadin Boskov, l'allenatore. Loro più di tutti sapevano vedere al di là dell'apparenza, sapevano leggere gli uomini non i giocatori e grazie a questa dote li sapevano scegliere. Non è un caso che a distanza di 30 anni, quello stesso gruppo sia ancora unito, sia in gran parte lo stesso che oggi lavora in Nazionale e che ci ha portato qualche giorno fa a vincere un europeo dopo ben 53 anni. 

martedì 22 giugno 2021

Silmarillion

 Partiamo da un presupposto, sono un lettore di Tolkien atipico. Nel senso che l'ho scoperto tardi, in prossimità dell'uscita del primo film della trilogia, anche se avevo in libreria il volume de Il Signore degli Anelli da una vita, se non ricordo male era stato un classico regalo da compleanno. Comunque per tantissimo tempo, il libro era rimasto a scaffale a prendere polvere, non per un motivo preciso ma così, perchè avevo sempre altro da leggere. Stessa fine aveva fatto l'edizione del Silmarillion, altro regalo di compleanno, sì ho tanti amici e siamo tutti nerd, fino a qualche mese fa.

Ho deciso finalmente di spolverarlo e leggerlo dopo aver finito di rileggere il Signore degli Anelli nella nuova traduzione, magari farò poi un post specifico per quello perchè ora divagherei anche fin troppo, che a me è piaciuta parecchio al netto di alcune scelte che mi hanno fatto un po' storcere il naso.

Ritornando al Silmarillion devo dire che, pur essendo preparato in quanto sia chi me lo aveva regalato sia altri amici che lo avevano letto mi avevano preavvertito che era piuttosto pesante, mi è risultato veramente ostico procedere. Non tanto per la scrittura e la scelta di una terminologia particolarmente ricercata e pomposa, questa ci sta essendo più un libro di epica che di fantasy propriamente detto, quanto per la difficoltà a raccapezzarsi con tutti i nomi dei luoghi e la genealogia dei vari protagonisti. Veramente una prova infernale che più di una volta ho pensato di mollare. In realtà quello che mi ha fatto proseguire nella lettura, facendomela portare a termine è la storia o meglio le storie, in quanto il libro è formato da più di un racconto anche se con un filo comune che li collega. Se infatti si filtra l'opera da tutte le sovrastrutture, giochi di parole, ricercatezza linguistica ecc ecc, si ha il Tolkien, secondo me, migliore. Quello che tratteggia personaggi e storie degne delle grandi opere epiche medioevali, Re Artù, l'Orlando Furioso o le varie storie della mitologia Norrena tanto per citarne alcune, per cui pur essendo molto classiche e perciò scontate (si sa già che i buoni prevarranno nonostante la malvagità dell'Oscuro Signore di turno) non si riesce a staccarsi dalla pagina perchè non si può lasciare Beren proprio in quel punto mezzo moribondo o non vedere se effettivamente il fato avverso di Turin si realizzerà completamente (sulla affinità tra la storia di Turin e quella di Edipo è meglio soprassedere perchè anche fin troppo evidente).

Questo è il Tolkien che a me è sempre piaciuto di più, quello capace di rielaborare la mitologia classica, creando storie e personaggi che, come appunto ho detto prima, non sfigurerebbero vicino agli eroi ormai entrati pantheon mondiale degli eroi senza macchia. 

venerdì 29 novembre 2019

La Vegetariana di Han Kang

Devo partire con una ammissione, io sono un tossico.
Ebbene sì, ho una dipendenza più che ventennale da cui non mi riesco e non mi voglio liberare.
Ogni settimana devo assolutamente entrare per almeno un'ora in una libreria.
Solitamente do sfogo al mio vizio nel weekend, quando posso dedicarmici senza nessuna ansia, ma non di rado mi capita di concedermi una dose anche durante la settimana magari in qualche ora strappata al lavoro. Ovviamente ho i miei spacciatori preferiti,  posti dove ormai anche i batuffoli di polvere mi salutano per nome e dove quando entro, come se avessi il pilota automatico inserito, faccio sempre lo stesso giro guardando ogni singolo scaffale delle sezioni che mi interessano. A me basta fare almeno una volta alla settimana questo giro per rilassarmi e non pensare più a nulla.
 Molto spesso, infatti, esco senza aver comprato nulla, vabbè "spesso" diciamo "qualche volta"  che è più verosimile, perchè prima di acquistare un libro, a meno che non entri con un titolo già in mente, devo girarci attorno, sfogliarlo, leggere la quarta di copertina e poi rifletterci sopra.
Troppo spesso da lettore in erba mi son lasciato sedurre da una copertina o da un incipit intrigante per essere poi travolto durante la lettura da una cocente delusione.
Tutto questo giro di parole (complimenti a chi l'ha letto tutto, per quelli che lo hanno saltato ritornate all'inizio!!! SUBITO!!!) per dire che il libro di cui vi voglio parlare è uno di quelli in cui mi sono imbattuto per caso durante uno dei miei viaggi librari.
L'autrice non la conoscevo, ma mi ha ispirato per l'argomento trattato ovvero la decisione di una giovane donna coreana di diventare vegetariana.
Ok lo ammetto detto così non suona molto interessante, però ovviamente quello è solo un pretesto. In realtà quello che l'autrice vuole raccontarci è molto più profondo cioè un viaggio dentro la psiche umana.
Quali sono i motivi che ci spingono a vivere? Sono uguali per tutti noi? E se un giorno ci svegliassimo, come accade alla protagonista, e ci rendessimo conto che non c'è più alcun motivo? Sarebbe così assurdo e patologico lasciarsi morire?
Son tutte domande che implicitamente l'autrice pone a noi lettori raccontando la storia di Yeong-Hye e della sua famiglia. Eh sì perchè la sua scelta che al giorno d'oggi sembra banale, viene estremizzata, prima smette di mangiare carne, poi anche il resto riducendosi letteralmente ad uno stato vegetale e tutto ciò senza mai dare alcuna spiegazione a nessuno sulla sua scelta.
Con la trama mi fermo qua per non rovinare il resto del libro a chi lo debba ancora leggere, mi limito a sottolineare un aspetto che mi è piaciuto molto. Le tre parti che compongono il libro e che narrano la storia di Yeong-Hye non hanno mai lei come protagonista, o meglio l'io narrante non è mai Yeong-Hye, ma nella prima parte è il marito, nella seconda il cognato e nella terza la sorella. Quello che ci viene raccontato quindi è come Yeong appare agli altri che cercano in qualche modo di capire i motivi che hanno portato la donna a compiere tale scelta da un giorno all'altro. Questo escamotage permette all'autrice di condurci per gradi dentro la psiche umana e di porci le domande esistenziali di cui vi dicevo prima.
La prima parte narrata dal marito infatti è il racconto di una persona che non riconosce più la moglie o che forse non l'ha mai conosciuta veramente e di cui comunque ha avuto sempre una scarsa opinione. Una persona interessata soprattutto all'apparenza.
La seconda parte invece è il racconto di una persona che vede Yeong solo come un oggetto da possedere e a cui interessa poco o nulla del resto.
La terza è la più intima, vi è un'evidente affinità di spirito tra Yeong e la sorella e quest'ultima è anche in parte la chiave che ci permette di capire la scelta fatta.
Finisco questa lunga pappardella facendo un accenno allo stile di scrittura.
La Kang usa uno stile molto asciutto, scarno, non si dilunga in descrizioni o aggettivi superflui, usa frasi brevi che vanno dritte al cuore. Questo ha i suoi pro e i suoi contro, perchè se da un lato è vero che in questo modo non si appesantisce la lettura, è altrettanto vero che non tutti sono Banana Yoshimoto o Cormac Mccarthy che con tre parole sanno fare poesia.
Per tirare una somma di tutto direi che è un libro interessante, a cui si deve dare una chance. Arrivati alla fine magari potreste essere frustrati o chiedervi se non è stata una grande presa per il culo. Se però lasciate il tempo al libro di sedimentarsi potreste scoprire che è molto più profondo di quanto in realtà avete creduto.

venerdì 22 novembre 2019

BENVENUTI

Ciao a tutti coloro che per caso o per curiosità sono capitati da queste parti. Sono Tumy e dopo un lungo periodo di inattività, di cui probabilmente nessuno sentiva la mancanza, mi è tornata la voglia di scrivere quello che mi passa per il cervello. Almeno mi si svuota un po'.
Non ho un'idea precisa su cosa scriverò in questo posto, è facile che tratterò di libri letti, film visti, videogame giocati, musica ascoltata ma anche attualità e politica (sì ho detto la parolaccia!!!).
Insomma tutto quello che mi interessa o mi incuriosisce o su cui sento di dover dire la mia.
A me piacerebbe che questo posto fosse un piccolo ritrovo, dove magari confrontarsi ma senza per forza insultarsi anche se si parte da idee differenti (utopia?).
Speriamo di riuscirci.
A presto

La Bella Stagione

 Questo libro è ovviamente imperdibile per ogni sampdoriano degno di questo nome, giovane o vecchio che sia. Rivivere la stagione '90/&#...